Questo passaggio è estratto da “La questione moderna in Europa. 1923-1948,” primo volume della collana “Antologia di cultura grafica”. L’autrice di questo illuminante scritto, intitolato “Il Fotomontaggio,” è nientemeno che Ljubov’ Popova, figura di spicco del costruttivismo russo e docente al Vchutemas. Il suo contributo è preceduto da un testo introduttivo redatto dai curatori—Silvia Sfligiotti, Alessandro Colizzi e Carlo Vinti—che fornisce contesto e delinea l’importanza di Popova in questo sforzo letterario.
Introduzione
Ljubuv’ Popova
Definita da Osip Brik «La più radicale di tutti noi», Ljubov’ Popova (1889-1924) fu attiva in diversi campi del progetto, dalla comunicazione visiva al disegno di tessuti all scenografia, sempre in chiave rivoluzionaria. Il fotomontaggio fu pubblicato nel 1923 su LEF, la rivista del Fronte di sinistra delle arti, accompagnato da un montaggio di Paul Citroen e da uno dell’autrice per una scenografia teatrale (a cui è dedicata la seconda parte dell’articolo, qui non riportata).

agosto-dicembre 1923, Mosca.
Copertina di Aleksandr Rodčenko.
Stampa tipografica, 16 x 23,5 cm.
Un approccio fiducioso
In questo breve testo Popova sostiene la maggiore efficacia comunicativa della fotografia, mezzo esatto e documentario, rispetto alle altre forme di rappresentazione, portando come esempio la sua applicazione nella comunicazione politico-sociale, ma anche nella pubblicità: proprio in questo campo negli anni Venti o Trenta essa trovò un grande sviluppo, arrivando a caratterizzare la comunicazione commerciale moderna.
Secondo Ljubuv’ Popova, Il fotomontaggio è quindi anche un modo per moltiplicare l’impatto dell’immagine fotografica tramite la composizione di diversi elementi. L’autrice invita anche a un uso autonomo della fotografia, che si lasci alle spalle l’imitazione di altre forme d’arte e prenda atto delle caratteristiche del mezzo, mettendole pienamente a frutto.
Il fotomontaggio. Ljubuv’ Popova
Per fotomontaggio intendiamo l’utilizzo di uno scatto fotografico come strumento raffigurativo. La combinazione di fotografie va a sostituire una composizione di illustrazioni grafiche.
Il senso di questa sostituzione sta nel fatto che lo scatto fotografico non è il bozzetto di un fatto visivo, ma la sua esatta fissazione. Tale esattezza e documentarietà conferiscono allo scatto fotografico una potenza di impatto sullo spettatore che nessuna raffigurazione grafica potrà mai eguagliare.
Un manifesto sulla fame con le foto di persone affamate impressiona assai più di un manifesto che mostri disegnati quegli stessi affamati.
Una pubblicità con la foto dell’oggetto reclamizzato è più efficace di un disegno dello stesso soggetto.
Le fotografie di città, paesaggi e volti funzionano sullo spettatore mille volte di più dei corrispettivi quadri.
Finora la fotografia qualificata, la cosiddetta fotografia artistica, ha cercato di imitare la pittura e il disegno, di conseguenza i suoi risultati erano mediocri e non rivelavano la potenzialità che la fotografia possiede. I fotografi erano convinti che quanto più una foto venisse ad assomigliare a un quadro, tanto più artistica e migliore sarebbe riuscita. Ma nella realtà il risultato appare invertito: quanto più è artistica, tanto peggio. La fotografia ha possibilità di montaggio proprie che niente hanno in comune con la composizione pittorica.
Ed è ciò che occorre mettere in luce.
Come modelli di fotomontaggio da noi in Russia si possono indicare i lavori di Rodčenko nelle sue copertine, manifesti, pubblicità e illustrazioni (Di questo di Majakovskij)¹. In occidente si distinguono i lavori di George Grosz e di altri dadaisti. […]
¹ Di questo (Pro eto) è un poema i Vladimir Majakovskij pubblicato nel 1923 e illustrato da fotomontaggi di Aleksandr Rodčenko.
La parola alla curatrice
Alessandro Colizzi insegna Storia del Design al Politecnico di Milano. Qui la sua bio.
Silvia Sfligiotti è grafica, docente e critica della comunicazione visiva. Qui la sua bio.
Carlo Vinti insegna disegno industriale presso l’Università di Camerino. Qui la sua bio.
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