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Il lettering nel cinema

Il cinema italiano degli anni ‘60 e ‘70 in particolare, ha avuto pittori di cartelloni che hanno realizzato incredibili capolavori, spesso entrati nell’immaginario collettivo. Nell’introduzione al libro «Pittori di cinema» di Maurizio Baroni, Luca Barcellona narra la propria esperienza di collezionista e analizza i fantasiosi lettering utilizzati da pittori come Sandro Symeoni o Enrico De Seta. Il suo racconto salta di pellicola in pellicola, mostrando come l’applicazione di pittura e calligrafia al lettering nel cinema costituisca una disciplina ricca di fascino.


Un incontro folgorante

Verso la fine degli anni Novanta ebbi un incontro che definirei folgorante: quello con il cinema di genere italiano. Avevo fortunatamente abbandonato la monomania per l’hip-hop, e avevo cominciato a comprare e scambiare dischi di musica per me assolutamente inedita: era la musica composta per il cinema, composta da ’maestri’ con nomi come Trovajoli, Piccioni, Umiliani, Morricone, Bacalov. La chiamavano Lounge music, o easy listening, ma capii solo più tardi che era semplicemente jazz, fatto in una maniera tutta italiana.

Splendide melodie, da quelle suadenti sulle quali i vocalizzi di Edda Dell’Orso donavano un colore inconfondibilmente nostrano, a quelle incalzanti e ostinate come nel jazz-funk dei poliziotteschi di Umberto Lenzi e Fernando Di Leo, musicati da Franco Micalizzi o Stelvio Cipriani. Ad attrarmi non era solo la musica, ma tutto I’immaginario che gli stava attorno, fatto di immagini vintage, strumenti, mangiadischi, abiti e acconciature che mi ricordavano le foto da giovani dei miei genitori: forse vogliamo sempre quello che non possiamo avere, come vivere in un epoca che non è la nostra, e così la idealizziamo.

Luca Barcellona presenta il tema

Nei negozi trovavi le compilation Easy Tempo e le ristampe di dischi come Svezia inferno e paradiso e Angeli bianchi, angeli neri, e con questi feci la mia prima scoperta: le copertine erano di Sandro Symeoni, uno dei più prolifici pittori di cinema. C’erano quelle donne, quelle pennellate secche, ma soprattutto le lettere, i titoli fatti con quello stesso pennello che aveva creato i dipinti. Il volume 7 di Easy Tempo, aveva una sorta di calligramma con scritto Bikini Beat 7 che formava il costume di una donna: anni dopo vidi il manifesto di Scusi, lei conosce il sesso? del 1968, e capii che probabilmente era stato lo stesso Symeoni a rifare il lettering della copertina.

Cominciai a collezionare qualche manifesto

Come mi è accaduto con altre passioni in qualche modo collegate, mi gettai a capofitto nella ricerca su quel mondo. Non era semplicissimo: non avevo ancora internet e reperire informazioni richiedeva una certa caparbietà, ma scoprii un negozietto a Milano in zona Porta Venezia che si chiamava Bloodbuster, e che c’è ancora, ha solo cambiato via. Per me era il paradiso. Videocassette dei più oscuri sottogeneri, dalla commedia all’italiana ai
Mondo-movies, dagli snuff all’ horror di serie Z, colonne sonore di film mai sentiti, e naturalmente locandine d’epoca. Cominciai a collezionare film e qualche manifesto, quello che potevo permettermi.

Sandro Symeoni
Mario Caiano, 1976

Alcuni li prendevo direttamente alla SAC in Stazione Centrale. Uno dei primi fu Milano Violenta, che rimase appeso in cameretta mia per molto tempo, con quel titolo squadrato e brutale tracciato da secchi e sapienti colpi di pennello. Lo aveva dipinto proprio Symeoni, posando egli stesso per il dipinto: lo scoprii leggendo la rivista «Amarcord», che trattava di B-Movies di ogni tipo, dove il maestro aveva una rubrica in cui parlava di lettering e dei suoi manifesti e delle storie di cinema legate ad essi. Ricordo la frustrazione che espresse per il rifiuto del suo dipinto per Il grande cocomero, rimpiazzato da un collage di volti e caratteri digitali, brutalmente photoshoppati come era d’uso all’epoca.

Spegnete quei c***o di computer

lo volevo fare lettering per vivere, disegnarli a mano, anche se non sapevo ancora bene come, e quelle parole di rabbia verso le scelte di marketing insensate, che preferivano un’accozzaglia di foto scontornate al computer a un suo meraviglioso disegno; la vivevo come una grande ingiustizia. Mi immedesimavo nelle sue parole, perché in qualche modo stavo vivendo la stessa frustrazione: a nessuno fregava nulla della calligrafia anche se io continuavo imperterrito ad allenarmi con il pennino ogni giorno, fino a notte fonda. Nelle sue parole c’era quello che avrei voluto urlare anche io al mondo, «spegnete quei c***o di computer e ritornate nelle botteghe con i colori e i pennelli!».

Ma eravamo nel pieno boom digitale, i PC cominciavano ad entrare nelle case di tutti, c’era voglia di nuovo, di ’futuro’ e non c’era più posto per i vecchi manifesti dipinti a mano, e neanche per me, che avrei voluto fare un mestiere analogo, ma ero arrivato decisamente tardi. «Amarcord» dedicava ai manifesti anche monografie tematiche dal piccolo formato, in gran parte horror italiani, Ce n’era una che si chiamava Made in Hell, che ancora conservo, dove la copertina era incredibile. Qui erano riprodotti decine di manifesti bellissimi, di cui studiavo avidamente soprattutto i lettering.

Mario Caiano, 1972
Igor Molino Editore

Il lettering nel cinema italiano

Per me era tutto nuovo, anche se era roba di trent’anni prima. Tentavo addirittura di riprodurli nei graffiti dell’epoca. prima con gli spray, in maniera piuttosto approssimativa, anni dopo con il pennello. Cercavo di replicare quelle imperfezioni nelle lettere, quelle spaccature che sembravano tagliate a colpi di accetta. Nei dipinti del tardo Symeoni, non c’è l’ombra di una curva, cosi come nei suoi titoli per L’occhio nel Labirinto, La morte cammina con i tacchi alti, L’ultima casa a sinistra, Napoli violenta e Cosa avete fatto a Solange?

Ricordo delle font del cinema anni Novanta che riprendevano esattamente quelle forme di lettering, lettere squadrate con i buchi all’interno, fuori asse; penso venissero proprio da là. E ancora le lettere de La dolce vita e Smog, da cui ho tratto ispirazione decine di volte per i miei progetti, erano l’equivalente di lettering iconici come quelli di Saul Bass per Vertigo, che sembravano incisi nel legno più che disegnati da quanto erano crudi e squadrati. Lettere che vennero poi copiate e citate all’infinito. I trattamenti cosi semplici ma efficaci di Psycho o di The Shining, sempre di Saul Bass: bastano degli strappi nelle maiuscole o appena un percepito tremolio nelle aste sfalsate dei contorni a evocare l’inquietudine generata dell’intero film.

Alfred Hitchcok, 1960
Franco Rossi, 1962

Platea in piedi

Symeoni fu solo il primo. Col tempo mi addentrai nel lettering applicato al cinema e feci altre scoperte. A un certo punto seppi dell’esistenza di tre volumi pubblicati sempre dalla Bolelli, a metà degli anni Novanta. Si chiamavano Platea in piedi e raccoglivano gran parte del materiale cinematografico del periodo d’oro, il cui autore era un ’certo’ Maurizio Baroni, collezionista di manifesti. Telefonai alla Bolelli per farmeli spedire, accaparrandomi il volume 1 e 2 che andavano dal 1958 al 1978. Erano una Bibbia da consultare, e lo sono ancora adesso. C’era di tutto: manifesti, fotobuste. flani, copertine di dischi, spartiti, persino le targhette con la scritta «vietato ai minori di 14 anni». Per me quei libri e quelle riviste rappresentavano un vero e proprio campionario di lettere, da cui attingere idee senza fine, e si potrebbe tentare di dividerli per categorie.

Maurizio Baroni racconta la sua storia

Lettering fantasiosi, l’epoca d’oro del cinema

Le lettere deformate de La donna invisibile, Suspiria, Gli occhi freddi della paura ti portavano direttamente in una dimensione allucinata, oppure entravano e uscivano da una sfera, come in Questo sporco mondo meraviglioso. Le punte delle grazie fendenti come coltelli de Lo Sgarro e de Gli Arcangeli. Il pennello che ribalta i fini egli spessi de La banda Casaroli e Salvatore Giuliano, che ricordano chiazze di sangue che si fondono tra loro, proprio come sulla scena di un crimine. Le fantastiche minuscole dai contorni spezzati di Mafioso e le maiuscole esplosive de II boom con Alberto Sordi. Le frastagliature de Nella stretta morsa del ragno e La cripta e l’incubo riescono misteriosamente a convivere nello stesso titolo in Attila, con una A maiuscola che ricorda un carattere in textura moderna.

Ci sono le lettere spettrali e sanguinarie tipiche come ne Lo spettro di De Seta e I tre volti della paura, capolavoro del maestro Mario Bava, e poi ancora Seddok e Caltiki, un vero e proprio logotipo in chiave horror. Le forme xilografhche, tipiche dell’incisione su legno, de La suora giovane e La Guerre est finie, le curve delle commedie scollacciate come Il debito coniugale in cui la L è un portafortuna e la U un bel paio di corna. Queste erano un proprio genere a parte, esplicativo già dai titoli, fatto di voyeurismo imperante verso insegnanti e infermiere: date unocchiata alle esplicite O de La dottoressa ci sta col colonnello.

Luigi Russo, 1974
Michele Massimo Tarantini, 1980

Illustrare con le parole

Qui in ogni lettera ce un riferimento al film o al significato, nelle commedie come in improbabili e sgangherate pellicole, tra cui Dracula cerca sangue di vergine …morì di sete prodotto da Andy Warhol, in cui un pipistrello campeggia sulla D mentre la E sanguina. Porca società, del 1978, aveva una scritta rosa bordata di nero con un maiale inglobato nella P e una coda di porco nella A finale, non era esattamente un calligramma come quello de Il Dio Serpente o La ragazza con la pistola, ma mi colpì il fatto che le lettere diventassero un’immagine a sé stante e non delle semplici parole, anni dopo approfondii la questione, studiando i calligrammi a ritroso fino al primi esempi di Guillame Apollinaire, che risalgono al 1918.

Sono sempre stato attratto da questo concetto, illustrare con le parole e null’altro, sfruttando tutto il oro potenziale semantico, dei pittori di cinema lo sapevano fare con incredibile maestria Nel solo ebbi la fortuna di partecipare ad un evento unico, C’era una volta a Roma, un concerto per orchestra con sei elementi che riproponevano una selezione di temi di colonne sonore anni Sessanta e Settanta, per i visual, in seguito animati, realizzai decine e decine di titoli per il cinema a mano, cercando di variare i lettering e di immedesimarmi in uno di quei maestri; fu in quell’occasione, muovendo il pennello piatto intriso di tempera e riscrivendo gli stessi titoli, che mi resi conto del perché di quelle forme, di quei tagli bruschi, ci ero finalmente entrato dentro ripetendo la loro esperienza in maniera viscerale.

L’ultimo pittore di cinema in vita: Renato Casaro

Veniva naturale, un po per lo strumento in sé, un po’ perché si trattava di dipingere i titoli, non di scriverli. Occorreva pensare da pittore, non da calligrafo. Da quel momento mi si è riacceso il fuoco per quel mondo, ho cominciato incessantemente a collezionare colonne sonore in vinile, in gran parte originali. Non so spiegarvi esattamente cosa ho provato quando trovai Gli indifferenti, con Claudia Cardinale in copertina, La vita agra, con quel trattamento quasi da fumetto che mette insieme pittura e fotografia ricreando lo scenario metropolitano di una Milano post-boom industriale.

Oppure quando dopo anni di ricerca, misi le mani sulla prima stampa di Smog, che comincia con la tromba di Chet Baker; quelle foto, quei titoli, quella musica insieme… probabilmente cercavo di portarmi a casa un feticcio di quell’epoca che non ho vissuto. Ai manifesti invece ci ha pensato Maurizio, con la sua interminabile passione e perseveranza di una vita da collezionista. Con questo libro, spero possiate essere coinvolti dalla stessa passione che ha travolto me per il lettering e riscoprire il fascino unico del piủ bel periodo che il cinema italiano abbia mai conosciuto.

La prima edizione di Pittori di cinema è esaurita.
Sono ancora in vendita le rimanenti copie dell’edizione limitata, in tre versioni, firmate e numerate dall’autore.

Maurizio Baroni è stato un grande collezionista ed esperto di cinema. Qui la sua Bio.

Luca Barcellona è un calligrafo e grafico italiano di fama internazionale. Qui la sua Bio.

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